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La vaccinazione è l’arma più importante per prevenire la diffusione delle malattie infettive. A seconda del tipo di patogeno, alcune malattie possono essere controllate, eliminate o addirittura eradicate, come è successo con il vaiolo.
Tuttavia, la vaccinazione è vittima del suo stesso successo: le malattie che un tempo flagellavano le popolazioni sono un ricordo remoto nei Paesi in cui la pratica vaccinale ha avuto una diffusione capillare. La perdita della memoria collettiva ha condotto molte persone a sottostimare la gravità di certe malattie e proprio nei Paesi dove la vaccinazione ha avuto maggiore successo si è assistito alla nascita di movimenti che vi si oppongono. La cosiddetta vaccine hesitancy è considerata la principale responsabile del recente calo delle coperture vaccinali: questo mina i programmi di salute pubblica e ha rallentato (e continua a ostacolare) il raggiungimento di obiettivi importanti – come l’eliminazione di morbillo e rosolia dall’Europa entro il 2015 (obiettivo OMS). Soprattutto, il ritardo o il rifiuto delle vaccinazioni indebolisce l’immunità di gregge (herd immunity), meccanismo fondamentale di protezione sia per coloro che non sono vaccinati per motivi di età o di salute, sia per quella minoranza di persone vaccinate che non hanno ottenuto dalla vaccinazione una sufficiente immunità contro la malattia. Vaccinarsi è un atto politico e sociale: proteggere i più deboli, pensare non solo a sé, ma anche agli altri, agli ammalati, ai bambini, ai neonati, a chi è fragile e a tutta la società, comprese le generazioni future, ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Per questo concludiamo facendo nostre le parole di John Donne, “nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è […] una parte del tutto.”[1]
Zeus
Con la collaborazione di:
Dott.ssa Lucia Arata
Dott.ssa Mariasilvia Iovine
Dott.ssa Francesca Zangrillo
[1] Da Meditazione XVII in Devozioni per occasioni d’emergenza, Editori Riuniti, Roma, 1994, pp. 112-113.